Un termine per definire un’immagine di un’altra immagine non fa ancora parte del nostro vocabolario. Così come non abbiamo un termine che descriva quelle immagini nate dalla fusione tra altre immagini. Fatta eccezione del generico “collage”, non possediamo le parole per distinguere i differenti processi di assemblaggio e modifica, nonostante le immagini svolgano un ruolo centrale nel nostro tempo: creiamo, modifichiamo e diffondiamo immagini ad un ritmo mai conosciuto prima nella storia dell’umanità. Artisti, sociologi e letterati non mancano di porre l’attenzione sulla centralità’ del visivo nei campi dell’informazione, dell’organizzazione sociale, ma anche della percezione psichica e nella formazione della soggettività contemporanea. L’espansione del visuale, tanto repentina quanto in corso d’opera, non può non riflettersi a livello linguistico, anche se il processo di invenzione e consolidamento di nuovi termini richiede più tempo di quanto le connessioni digitali ci abbiano abituato ad attendere. E così, identifichiamo sotto al nome generico di “immagine” una vasta serie di composti visivi molto differenti.

D’altra parte, questo termine deriva dal latino “imago”: imitare, concetto che mal si presta all’immagine fotografica, la quale scavalca l’operazione di imitazione, per instaurare con il reale un legame privilegiato. Allontanandosi sempre più dall’immagine-imago, la ricerca visiva contemporanea penetra nella costruzione di immagini che, invece di imitare il reale, immaginano altre, infinite realtà (mentali, di sogno, di finzione, dell’assurdo, dell’eccesso, del minimale…). Del resto, il legame tra l’immagine e il reale e’ complesso ed ambiguo: benché le immagini-imago riposino su confortevoli visioni di continuità (il campo visivo e’ unitario e non presenta sconnessioni spaziali) e di linearità (l’immagine e’ concepita come la registrazione di un istante, nella logica temporale di un prima e di un dopo), tale rappresentazione della realtà rimane fittizia: una finzione narrativa prodotta dall’io pensante nello spazio del visivo, che non tiene conto della simultaneità dello scorrere del tempo, né della complessità del funzionamento delle immagini nella sfera cognitiva e di percezione.

E’ in questa insufficienza descrittiva dell’immagine-imago che possiamo rinnovare il valore della fotografia di ricerca artistica: nel recupero di immagini rotte, distorte, segmentate, di immagini sporche, oscurate, macchiate, di immagini sovrapposte, incendiate, svanite… scenari cosi familiari per lo spazio del mentale! Ed e’ questo legame privilegiato con lo spazio del mentale che rende la creazione d’immagini un atto politico in senso ampio: la moltitudine di immagini “altre” influenzano e sono influenzate da impostazioni del pensiero e sguardi sulle cose, veicolano dei segni per nasconderne altri, modellano i contorni tra ciò che appare abituale e non sollecita la nostra attenzione e ciò che dona stupore o ribrezzo. Lo spazio del pensiero nasce nello spazio delle immagini, ed e’ proprio la ricerca fotografica contemporanea a fornirci la possibilità di comprendere meglio questo immenso archivio visuale.

GIULIA MONTINI,
TEORICA DELL’ARTE CONTEMPORANEA.

SILVIA ETTACANI FOTOGRAFA

SILVIA ETTACANI FOTOGRAFA

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